Il calamaro (Loligo vulgaris) è un animale marino appartenente alla classe dei molluschi e alla famiglia dei cefalopodi.
Rappresenta una delle tante delizie della buona tavola e, nonostante se ne trovino in abbondanza nel mare nostrum, ne vengono importati grandi quantitativi dall'estero, in quanto, data la forte richiesta, risultano sempre insufficienti per soddisfare le gioie del palato dei buongustai.
Con questo nobile cefalopode si realizzano tante gustose ricette. Ne citerò una, come il calamaro ripieno, che in una sua variante, viene farcito con della ricotta, capperi e frammenti di alici uniti ai pezzetti degli stessi tentacoli: è una specialità! Il calamaro ripieno può essere variegato nella ricetta cucinandolo in bianco, con un leggero soffritto di olio extra vergine d'oliva e scalogno, oppure leggermente colorito con l'aggiunta di alcuni pomodorini ciliegini.
Se poi, siamo amanti delle fritture: non c'è altro di meglio dei calamaretti fritti. Insomma, questa grande delizia, come la si rappresenti, o come la si lavori in cucina, risulta sempre un alimento straordinario, in modo particolare se la si consuma freschissima, appena pescata! Ma come facciamo a procurarci il calamaro appena catturato, che è... praticamente vivo?
Non è impossibile: o ci raccomandiamo al nostro pescivendolo di fiducia e lo paghiamo "salatamente" oppure, ce lo peschiamo(condicio sine qua non)! Il che, non è difficile, è sufficiente avere un po' di buona volontà a livello sportivo, o più esattamente, ricreativo o amatoriale, e riusciremo a soddisfare i commensali per la cena, con una bella secchiata di calamari. Questi, si pescano con un paio di tecniche distinte, praticate con alcune varianti personalizzate dai pescatori specializzati, che ne fanno un'arte. Sostanzialmente, le due tecniche di base che seguiranno, sicuramente, se effettuate in modo corretto, daranno i suoi buoni frutti.
Come si pescano i calamari
Innanzitutto, dovremo preparare le nostre lenze in funzione della tecnica da scegliere, che agisce efficacemente a seconda delle condizioni di luce diurna oppure con il chiarore notturno, concesso dalla luna durante il suo ciclo crescente e calante.
Nella sintesi, se vorremo pescare di giorno, fino quasi al tramonto, adotteremo la tecnica, che in Toscana chiamano "Senna", che consiste nel calare una lenza con un piombo finale, con tre o quattro esche artificiali (totanare), che vengono appese alla stessa lenza e distanziate l'una dall'altra, di 20 - 30 oppure 50-60 centimetri dal piombo, farla giungere sul fondo ed imprimere dei rapidi movimenti sussultori sulla lenza stessa. L'altra tecnica, molto produttiva, che si sta diffondendo sempre più tra gli amanti dei cefalopodi, è la trainetta, una disciplina che va praticata dal tramonto, fino a notte inoltrata, possibilmente in presenza di luna e può proseguire fino all'alba. Si esegue gettando a mare una lenza da poppa, alla cui estremità avremo fissato una totanara, facendola navigare a ridotte velocità.
Dove e quando accostano i calamari
Di solito i calamari si avvicinano alla costa in autunno, su profondità variabili, di giorno, dai - 50 ai -30 metri, e al tramonto, e di notte, dai - 25 fino a pochi metri di profondità. Le zone predilette sono quelle rocciose, o miste, variegate con fondali di posidonia. Intorno alle isole maggiori, si pescano già nel periodo estivo, sia al tramonto che all'alba, mentre lungo le coste della nostra Penisola, la pesca inizia già dalla luna crescente di settembre, per proseguire per ottobre e novembre con grande intensità. In dicembre, gennaio e febbraio, la pesca si riduce sensibilmente: pochi esemplari, ma di taglia considerevole.
Senna, Tataki e Misaki
Tornando alla pesca dei calamari di giorno, che dura fino al tramonto e cioè la "Senna" chiamata nelle sue varianti anche Tataki, Misaki e con altri nomi creati dalla cultura alieutica del Sol Levante, è appunto come ho già accennato, una sorta di bolentino ai cefalopodi, perchè oltre ai calamari è possibile pescare anche seppie, totani e... polpi!
E' necessario a questo punto procurarci il seguente materiale: o il telaietto di sughero, attorno al quale avvolgere 150/200 metri di madre lenza di monofilo di nylon dello 0,70/0,80mm, a cui poi dovremo legare il finale dello 0,35mm, oppure, optare per l'uso di una canna, che deve essere molto flessibile, sensibile, in carbonio, lunga dai 2 ai 4 metri, con un'azione variabile dai 30 ai 150/200 grammi, ed abbinarci un mulinello medio piccolo, nella cui bobina è bene avvolgere un centinaio di metri di multifibra da 15/20 lbs, in quanto più rigido e più sensibile del monofilo. La peculiarità del multifibre è quella inoltre di far avvertire molto bene le tocche del cefalopode. Al capo delle madri lenze, provenienti sia dalla bobina del mulinello che dal telaietto di sughero, è bene legare una girella tipo five swivel della Yamashita dotata di ben 5 barilotti, la cui funzione è quella di ben "scaricare" le tensioni torsive di lenza nei momenti della pesca. A questo punto, fisseremo il finale, che sarà costituito da un monofilo dello 0,35 lungo dai 4 ai 6 metri che terminerà con un piombo finale con una grammatura variabile da 30 ai 150/200 grammi, a seconda della corrente ma compatibile con l'azione della canna. Lungo il finale, a circa cm 40/50 dal piombo, fisseremo, a bandiera, direttamente sul finale, equamente distanziate a 40 cm l'una dall'altra, 3 o 4 totanare, rappresentate da pesciolini colorati dotati di mono o doppio cestello di spilli, della lunghezza variabile dai 5 ai 7, fino ai 9 centimetri.
Questi, vanno fissati tramite il nodo dropper loop oppure con delle girelle a tre vie, o ancora, con delle piccole asole praticate sul finale stesso.
L'azione della pesca si svolge così. Si porta l'imbarcazione o natante che sia sul luogo di pesca e si va in deriva in corrente e a scarroccio, sotto l'azione della brezza marina. Se si usa il classico bolentino a mano, si getta in acqua la lenza facendo immergere il piombo con le relative totanare, e facciamo giungere le stesse sul fondo. Appena la zavorra giunge sul fondo, si imprimono delle sollecitazioni sussultorie con la lenza per "vitalizzare" le nostre totanare e, se attacca il nostro amico, avvertiremo che la lenza si sarà appesantita. A questo punto la recupereremo lentamente ma sempre con continuità, fino a che il calamaro o i calamari, giungeranno a bordo e... occhio alla spruzzata d'inchiostro! Con l'uso della canna, poco cambia, esiste solo il variare dei movimenti rapidi e frenetici che dovremo imprimere saltuariamente, al fusto della canna stessa, per stimolare la curiosità dei nostri amici, e quando finalmente si attacca il cefalopode, la canna si fletterà in segno inequivocabile!
Anche in questo caso, si recupererà lentamente la preda con dei giri di manovella continui e costanti fino a che il cefalopode giungerà sotto bordo. Se è di taglia discreta, un guadino ci assicurerà la cattura.
La trainetta
Per chi sceglie la trainetta, è necessario portare la barca in navigazione da 1,8 fino a circa 2,5 nodi orari, con le totanare appese, nelle zone presunte dove di solito accostano i nostri cefalopodi. Dal punto di vista tecnico, è necessario disporre di una piccola canna di circa 1,5 metri posizionata sul trincarino, a cui fissare momentaneamente in pesca, la lenza madre, costituita con almeno una cinquantina di metri di lenza di nylon dello 0,40mm, da avvolgere su un telaietto di sughero. Occorre anche un piccolo affondatore, come lo STIM, DEEP o similari; un finale dello 0,26 - 0,28 ed una totanara artificiale a forma di minnow, provvista di doppio cestello. La Rapala, la Yamashita la Yo-Zuri ed altre ditte, hanno messo una miriade di modelli di totanare sul mercato, tutte più o meno valide, a noi la scelta. Continuando con l'aspetto pratico, si cala in acqua per una ventina di metri, la lenza madre fissata all'affondatore, a monte del quale di 5/10 cm, viene inserita una piccola luce strobo del tipo ad accensione a contatto con l'acqua, che durano un centinaio di ore di funzionamento. All'affondatore, viene legato il finale dello 0,26 lungo circa 5 metri, al termine del quale viene applicato il minnow-totanara, che è un pesciolino lungo dai 90 ai 110 mm, dotato di doppio cestello. Alla velocità di circa 2 nodi orari, con corrente leggermente favorevole o contraria, l'affondatore, porta la totanara a circa 6 - 8,5 metri di profondità.
Quando il calamaro afferra l'esca, fa flettere la piccola canna, e la fa successivamente raddrizzare facendo modificare l'assetto in navigazione dell'affondatore, causando l'emersione del medesimo, il quale, viene segnalato dalla piccola luce strobo. A questo punto, conviene recuperare lentamente il calamaro. Durante la salpata, si avvertono le classiche "sifonate" o pompate, che il cefalopode imprime alla lenza: è divertentissimo! Durante quest'operazione, si può o mettere il motore in folle, oppure, si riduce il moto in navigazione e si accosta… alla nostra cena!
Un consiglio: la trainetta va effettuata in presenza di luna, almeno di un quarto o meglio, quando è piena. In quest'ultima condizione, visto e considerato che dura tutta la notte, e se poi il pescatore è un tipo insonne e con grinta da pescare non stop, beh, un bel secchio di calamari, sarà sicuramente assicurato!