Sono ben sei i brand del settore automotive presenti nella quarta edizione della BRANDZ™ Top 100 Powerful Brands, la classifica annuale che misura il valore economico dei principali marchi mondiali rea.lizzata da Millward Brown Optimor, la società del gruppo WPP specializzata in finanza e ROI, in collaborazione con il Financial Times.
Toyota si riconferma regina del ranking del settore grazie a un valore di marca di circa 29,9 miliardi di dollari (14° posto nella classifica generale): un risultato positivo anche se il brand della casa giapponese ha perso il 15% del suo valore rispetto all’anno precedente. Come lo scorso anno seguono BMW (18° posto), Porsche (35° posto), Mercedes (40° posto), Honda (50° posto) e Nissan (67° posto).
Il valore dei singoli brand è generalmente in calo rispetto a quelli all’anno precedente a causa della delicata congiuntura economica che ha influito sull’Automotive in misura maggiore rispetto ad altri settori
A livello generale l’indagine vede confermarsi al primo posto Google, con un valore di marca che negli ultimi 12 mesi è cresciuto del 16%, passando dagli 86,1 miliardi di dollari del 2008 agli oltre 100 miliardi del 2009.
Per quanto riguarda invece il valore aggregato dei 100 brand in classifica è aumentato nel 2009 dell’1,7% rispetto all’anno precedente, superando i 1.950 miliardi di dollari. L’indagine, che rappresenta a livello mondiale il più ampio studio sulla brand equity, è stata effettuata incrociando dati finanziari forniti da Bloomberg con indicatori di mercato a fonte Datamonitor e valutazioni espresse da oltre un milione di consumatori su una base di oltre 50.000 marche monitorate da BRANDZTM
“L’attuale congiuntura economica, che ha portato a una forte contrazione del giro d’affari estesa a molti settori, ha evidenziato l’importanza del brand come strumento fondamentale per sostenere le aziende anche in momenti difficili – dichiara Joanna Seddon, CEO di Millward Brown Optimor – Coloro che continueranno a investire sul brand, si troveranno inoltre in una posizione più favorevole una volta iniziata la fase di ripresa, rispetto a chi ha invece optato per tagliare gli investimenti nelle attività di brand equity”.
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